Il rovescio di un minuto
2023, pp. 266
Tema
alla rovinosa regressione al contenutismo più rozzo,
che caratterizza tanta parte della critica e dello studio
della letteratura di questo ultimo periodo.
Rifugge dall'identificare il tema con il contenuto, ma
lo connette strettamente agli altri fattori della
comunicazione letteraria, alla problematica nozione
di autore, allo studio attualmente quasi in disuso dei
procedimenti formali, alle promesse e alle insidie
dell'interpretazione.
E – come dice l'autore – esercita nell'analisi "quel
minimo di 'delicatezza nell'afferrare' (l'espressione è
di Nietzsche) che è necessaria quando si maneggia
un giocattolo tanto pericoloso".
Trento. Ha pubblicato Il pedagogo e il libertino (2002), Senza
trauma (2011), Critica della vittima (2014), Stato di minorità (2015),
All'ordine del giorno è il terrore (2018, prima edizione 2007),
Fiction (2021). Collabora con il Corriere della Sera.
L'io di carta
conceptual writing
Anziché proporre delle definizioni, questo libro segue l’andamento dei fenomeni associati alla scrittura concettuale contemporanea e alle sue interazioni con altri modelli espressivi: dai debiti verso le sperimentazioni della scrittura di ricerca e della poesia concreta fino alle relazioni con l’arte concettuale della seconda metà del Novecento.
Cinque conversazioni con alcuni tra i principali protagonisti e teorici della conceptual writing, Kenneth Goldsmith, Craig Dworkin, Nick Thurston, Christian Bök, Derek Beaulieu chiudono il volume affrontando la sfida lanciata dalle diverse logiche che regolano il sistema di testualità diffuso oggi attraverso i social networks e dalle nuove forme mediali.
Andrea Pitozzi, dottore in “Teoria e analisi del testo” all’Università degli Studi di Bergamo, studia la letteratura contemporanea in una prospettiva comparata, soprattutto nelle sue relazioni con le arti visive e con la filosofia, e si occupa da tempo di conceptual writing. Sul tema ha scritto in diverse riviste nazionali e internazionali come “il verri”, “Poli-Femo”, “Tête-à-tête”. Ha anche pubblicato articoli e saggi sull’opera di Don DeLillo, Paul Auster e Maurice Blanchot, tra cui il recente Tradurre un’aria. La poesia “francese” di Paul Auster, in S. Rosso e M. Dossena, Mondi e modi della traduzione (2018).
Edoardo Sanguineti e il gioco paziente della critica
Pubblichiamo qui una serie di scritti critici di Edoardo Sanguineti apparsi su varie testate dal 1948 fino al 1965 e mai più riproposti in altra sede. Si trovano le primissime recensioni a libri e film di un Sanguineti neppure ventenne pubblicate su riviste come “Sempre Avanti!”, “Numero” e “il verri”, che si arricchiscono di contributi più tardi dedicati da Sanguineti a Foscolo, Kafka, Landolfi, all’estetica di Tolstoj, alle traduzioni dallo spagnolo di Ungaretti. Tra queste carte disperse e ora ritrovate si legge anche una breve ma fondamentale recensione a Come si agisce di Nanni Balestrini uscita su “marcatré” nel 1963 oltre al resoconto dello storico incontro del gruppo 63 a Palermo, pubblicato anonimo e ora qui attribuito a Sanguineti in modo inequivocabile dai curatori Gian Luca Picconi e Erminio Risso. Il volume si conclude con una serie di saggi critici di Surdich, Rodda, Morando, Lorenzini, Zublena e Ottonieri che si confrontano con la figura di Sanguineti storico della letteratura a partire proprio dal materiale bibliografico qui riproposto.
Nell'officina del nonsense di Toti Scialoja
Topi, toponimi, tropi, cronotopi
Alessandro Giammei (1988) è nato a Roma, dove si è laureato. Perfezionando in letteratura italiana alla Scuola Normale, è stato Visiting Scholar alla New York University. Oltre a vari articoli su poeti del secondo Novecento, ha scritto di Saba e della ricezione visuale di Ariosto nella contemporaneità.
Dentro e oltre i labirinti di Emilio Villa
con 12 Labirinti di Emilio Villa
Aldo Tagliaferri (Milano 1931) ha studiato letterature comparate negli Stati Uniti con una Harkness Fellowship. Ha pubblicato testi dedicati all’opera di Samuel Beckett, Ezra Pound ed Emilio Villa (del quale ha scritto la biografia, Il clandestino, Roma 2004). È anche autore di vari saggi sulle arti africane.
Giorgio Caproni. La lingua, la morte
Ha vinto il premio Moretti 2013!!!
Il volume oscilla tra i due poli dell’analisi linguistico-stilista e di quella tematica (la morte è un macrotema attorno al quale ruotano quelli – decisivi e qui presi in esame – della perdita, della mancanza, del male). D’altra parte, le due linee si incrociano pressoché in ciascun capitolo (sia in quelli dedicati a problemi più generali, come il graduale paesaggio dal lutto alla meditatio mortis o il rapporto con la filosofia, sia in quelli che si soffermano su questioni più circoscritte, come la referenza opaca di anaforici e deittici, l’influenza di Genet o la lettura di un singolo testo – Res amissa), dal momento che in Caproni i mezzi formali sonocostantemente al servizio della rappresentazione dei temi-chiave. La lingua è quindi il mezzo che consente di mettere in forma l’irrappresentabile per eccellenza, la morte. Ma lo fa solo attraverso i suoi interstizi, i suoi vuoti, il suo venire meno a un pieno regime di significazione diurna, di determinazione dei contenuti informativi: attraverso il suo negativo, appunto.