"La primavera fa ridere i polli" è uno scritto non scritto di natura quantistica. La scrittura c’è e al tempo stesso non c’è perché non soggiace alle leggi della prosa newtoniana, non descrive il mondo, semplicemente scrive mondi indeterminati. Possiamo anche dire che è una scrittura post lacaniana in cui il soggetto si iscrive nel nome dell’altro dove per altro si intende il fraintendimento del significante. In fondo sia l’atomo sia l’inconscio nessuno li ha mai visti eppure come ogni assassino ci sono perché lasciano tracce. «In questo libro col titolo assurdo e irridente La primavera fa ridere i polli che sa tanto di beffa estrema, il flusso di coscienza scopre le sue basi teoriche e abbozza l’avvento di un futuro forse rivoluzionario. Ora si dà una struttura: il tipo di prosa che può e sa elaborare in paginette intense fino a essere intoccabili si oppone alternandosi al gioco poetico di saltellanti filastrocche di ottonari, grottescamente esplicite e ridanciane. Coviello trasforma il flusso di coscienza in una piastrella cognitiva. Una piastrella, un piatto mattone della giusta misura – una calibrata pagina o pagina e mezza o due –, del giusto peso – abbastanza pregnante per attirarti ma non abbastanza oppressiva per respingerti» (dall’introduzione di Milli Graffi). "La primavera fa ridere i polli" è uno scritto non scritto di natura quantistica. La scrittura c’è e al tempo stesso non c’è perché non soggiace alle leggi della prosa newtoniana, non descrive il mondo, semplicemente scrive mondi indeterminati. Possiamo anche dire che è una scrittura post lacaniana in cui il soggetto si iscrive nel nome dell’altro dove per altro si intende il fraintendimento del significante. In fondo sia l’atomo sia l’inconscio nessuno li ha mai visti eppure come ogni assassino ci sono perché lasciano tracce. «In questo libro col titolo assurdo e irridente La primavera fa ridere i polli che sa tanto di beffa estrema, il flusso di coscienza scopre le sue basi teoriche e abbozza l’avvento di un futuro forse rivoluzionario. Ora si dà una struttura: il tipo di prosa che può e sa elaborare in paginette intense fino a essere intoccabili si oppone alternandosi al gioco poetico di saltellanti filastrocche di ottonari, grottescamente esplicite e ridanciane. Coviello trasforma il flusso di coscienza in una piastrella cognitiva. Una piastrella, un piatto mattone della giusta misura – una calibrata pagina o pagina e mezza o due –, del giusto peso – abbastanza pregnante per attirarti ma non abbastanza oppressiva per respingerti» (dall’introduzione di Milli Graffi). "La primavera fa ridere i polli" è uno scritto non scritto di natura quantistica. La scrittura c’è e al tempo stesso non c’è perché non soggiace alle leggi della prosa newtoniana, non descrive il mondo, semplicemente scrive mondi indeterminati. Possiamo anche dire che è una scrittura post lacaniana in cui il soggetto si iscrive nel nome dell’altro dove per altro si intende il fraintendimento del significante. In fondo sia l’atomo sia l’inconscio nessuno li ha mai visti eppure come ogni assassino ci sono perché lasciano tracce. «In questo libro col titolo assurdo e irridente La primavera fa ridere i polli che sa tanto di beffa estrema, il flusso di coscienza scopre le sue basi teoriche e abbozza l’avvento di un futuro forse rivoluzionario. Ora si dà una struttura: il tipo di prosa che può e sa elaborare in paginette intense fino a essere intoccabili si oppone alternandosi al gioco poetico di saltellanti filastrocche di ottonari, grottescamente esplicite e ridanciane. Coviello trasforma il flusso di coscienza in una piastrella cognitiva. Una piastrella, un piatto mattone della giusta misura – una calibrata pagina o pagina e mezza o due –, del giusto peso – abbastanza pregnante per attirarti ma non abbastanza oppressiva per respingerti» (dall’introduzione di Milli Graffi). "La primavera fa ridere i polli" è uno scritto non scritto di natura quantistica. La scrittura c’è e al tempo stesso non c’è perché non soggiace alle leggi della prosa newtoniana, non descrive il mondo, semplicemente scrive mondi indeterminati. Possiamo anche dire che è una scrittura post lacaniana in cui il soggetto si iscrive nel nome dell’altro dove per altro si intende il fraintendimento del significante. In fondo sia l’atomo sia l’inconscio nessuno li ha mai visti eppure come ogni assassino ci sono perché lasciano tracce. «In questo libro col titolo assurdo e irridente La primavera fa ridere i polli che sa tanto di beffa estrema, il flusso di coscienza scopre le sue basi teoriche e abbozza l’avvento di un futuro forse rivoluzionario. Ora si dà una struttura: il tipo di prosa che può e sa elaborare in paginette intense fino a essere intoccabili si oppone alternandosi al gioco poetico di saltellanti filastrocche di ottonari, grottescamente esplicite e ridanciane. Coviello trasforma il flusso di coscienza in una piastrella cognitiva. Una piastrella, un piatto mattone della giusta misura – una calibrata pagina o pagina e mezza o due –, del giusto peso – abbastanza pregnante per attirarti ma non abbastanza oppressiva per respingerti» (dall’introduzione di Milli Graffi). "La primavera fa ridere i polli" è uno scritto non scritto di natura quantistica. La scrittura c’è e al tempo stesso non c’è perché non soggiace alle leggi della prosa newtoniana, non descrive il mondo, semplicemente scrive mondi indeterminati. Possiamo anche dire che è una scrittura post lacaniana in cui il soggetto si iscrive nel nome dell’altro dove per altro si intende il fraintendimento del significante. In fondo sia l’atomo sia l’inconscio nessuno li ha mai visti eppure come ogni assassino ci sono perché lasciano tracce. «In questo libro col titolo assurdo e irridente La primavera fa ridere i polli che sa tanto di beffa estrema, il flusso di coscienza scopre le sue basi teoriche e abbozza l’avvento di un futuro forse rivoluzionario. Ora si dà una struttura: il tipo di prosa che può e sa elaborare in paginette intense fino a essere intoccabili si oppone alternandosi al gioco poetico di saltellanti filastrocche di ottonari, grottescamente esplicite e ridanciane. Coviello trasforma il flusso di coscienza in una piastrella cognitiva. Una piastrella, un piatto mattone della giusta misura – una calibrata pagina o pagina e mezza o due –, del giusto peso – abbastanza pregnante per attirarti ma non abbastanza oppressiva per respingerti» (dall’introduzione di Milli Graffi).
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