Mahvash Sabet è stata condannata a vent’anni per la sua appartenenza alla religione bahá’í, che da sempre è considerata dal regime iraniano “nemica dell'Islam”. Nei primi, durissimi mesi passati nella cella 209 del carcere di massima sicurezza di Evin, a nord ovest di Teheran, scrive e riesce a far pervenire all’esterno grazie ad alcuni intermediari le poesie contenute in questo libro che pubblichiamo con testo a fronte nella straordinaria grafia dell’originale farsi. In parte la scrittura di Sabet «segue la scia dei mistici», come ci spiega la traduttrice Faezeh Mardani nel suo saggio critico, «ogni concetto assume connotati simbolici, le esperienze sono volutamente descritte in modo ambiguo e misterioso», talvolta invece «sceglie un linguaggio semplice e lineare, a tratti minimalista» tipico della ‘poesia nuova’ persiana. Mahvash Sabet è stata condannata a vent’anni per la sua appartenenza alla religione bahá’í, che da sempre è considerata dal regime iraniano “nemica dell'Islam”. Nei primi, durissimi mesi passati nella cella 209 del carcere di massima sicurezza di Evin, a nord ovest di Teheran, scrive e riesce a far pervenire all’esterno grazie ad alcuni intermediari le poesie contenute in questo libro che pubblichiamo con testo a fronte nella straordinaria grafia dell’originale farsi. In parte la scrittura di Sabet «segue la scia dei mistici», come ci spiega la traduttrice Faezeh Mardani nel suo saggio critico, «ogni concetto assume connotati simbolici, le esperienze sono volutamente descritte in modo ambiguo e misterioso», talvolta invece «sceglie un linguaggio semplice e lineare, a tratti minimalista» tipico della ‘poesia nuova’ persiana. Mahvash Sabet è stata condannata a vent’anni per la sua appartenenza alla religione bahá’í, che da sempre è considerata dal regime iraniano “nemica dell'Islam”. Nei primi, durissimi mesi passati nella cella 209 del carcere di massima sicurezza di Evin, a nord ovest di Teheran, scrive e riesce a far pervenire all’esterno grazie ad alcuni intermediari le poesie contenute in questo libro che pubblichiamo con testo a fronte nella straordinaria grafia dell’originale farsi. In parte la scrittura di Sabet «segue la scia dei mistici», come ci spiega la traduttrice Faezeh Mardani nel suo saggio critico, «ogni concetto assume connotati simbolici, le esperienze sono volutamente descritte in modo ambiguo e misterioso», talvolta invece «sceglie un linguaggio semplice e lineare, a tratti minimalista» tipico della ‘poesia nuova’ persiana. Mahvash Sabet è stata condannata a vent’anni per la sua appartenenza alla religione bahá’í, che da sempre è considerata dal regime iraniano “nemica dell'Islam”. Nei primi, durissimi mesi passati nella cella 209 del carcere di massima sicurezza di Evin, a nord ovest di Teheran, scrive e riesce a far pervenire all’esterno grazie ad alcuni intermediari le poesie contenute in questo libro che pubblichiamo con testo a fronte nella straordinaria grafia dell’originale farsi. In parte la scrittura di Sabet «segue la scia dei mistici», come ci spiega la traduttrice Faezeh Mardani nel suo saggio critico, «ogni concetto assume connotati simbolici, le esperienze sono volutamente descritte in modo ambiguo e misterioso», talvolta invece «sceglie un linguaggio semplice e lineare, a tratti minimalista» tipico della ‘poesia nuova’ persiana. Mahvash Sabet è stata condannata a vent’anni per la sua appartenenza alla religione bahá’í, che da sempre è considerata dal regime iraniano “nemica dell'Islam”. Nei primi, durissimi mesi passati nella cella 209 del carcere di massima sicurezza di Evin, a nord ovest di Teheran, scrive e riesce a far pervenire all’esterno grazie ad alcuni intermediari le poesie contenute in questo libro che pubblichiamo con testo a fronte nella straordinaria grafia dell’originale farsi. In parte la scrittura di Sabet «segue la scia dei mistici», come ci spiega la traduttrice Faezeh Mardani nel suo saggio critico, «ogni concetto assume connotati simbolici, le esperienze sono volutamente descritte in modo ambiguo e misterioso», talvolta invece «sceglie un linguaggio semplice e lineare, a tratti minimalista» tipico della ‘poesia nuova’ persiana.
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