conceptual writing
2018, pp. 248
Tomás Maldonado intellettuale politecnico
2020
Mangio alberi e altre poesie
2019, pp. 120
lettera/immagine
conceptual writing 2018, pp. 248 Reframing, Uncreativity, Unoriginality sono alcune delle modalità compositive che caratterizzano la conceptual writing, un movimento di poeti, artisti e scrittori sperimentali attivi in particolare nel mondo anglosassone, e in grado di dialogare con sistemi solo apparentemente lontani da quello più strettamente letterario.
Anziché proporre delle definizioni, questo libro segue l’andamento dei fenomeni associati alla scrittura concettuale contemporanea e alle sue interazioni con altri modelli espressivi: dai debiti verso le sperimentazioni della scrittura di ricerca e della poesia concreta fino alle relazioni con l’arte concettuale della seconda metà del Novecento. Cinque conversazioni con alcuni tra i principali protagonisti e teorici della conceptual writing, Kenneth Goldsmith, Craig Dworkin, Nick Thurston, Christian Bök, Derek Beaulieu chiudono il volume affrontando la sfida lanciata dalle diverse logiche che regolano il sistema di testualità diffuso oggi attraverso i social networks e dalle nuove forme mediali. Andrea Pitozzi, dottore in “Teoria e analisi del testo” all’Università degli Studi di Bergamo, studia la letteratura contemporanea in una prospettiva comparata, soprattutto nelle sue relazioni con le arti visive e con la filosofia, e si occupa da tempo di conceptual writing. Sul tema ha scritto in diverse riviste nazionali e internazionali come “il verri”, “Poli-Femo”, “Tête-à-tête”. Ha anche pubblicato articoli e saggi sull’opera di Don DeLillo, Paul Auster e Maurice Blanchot, tra cui il recente Tradurre un’aria. La poesia “francese” di Paul Auster, in S. Rosso e M. Dossena, Mondi e modi della traduzione (2018). |
Giovanni Anceschi
Tomás Maldonado intellettuale politecnico 2020 Tomás Maldonado è molto più che solamente un filosofo della tecnica o un critico della tecnologia. Il suo discorso attraversa il dibattito semiotico e la riflessione culturologica a partire dal contenzioso con Umberto Eco. Affronta la questione ambientale e la teoria della rappresentazione, focalizza l’attenzione sul corpo protetico e tecnologico. E infine, nello scenario dell’universalizzazione dell’informatica indaga il rapporto fra realtà e virtualità per passare alla riconsiderazione del concetto di memoria. Questo libro percorre in modo inclusivo tutti gli aspetti del lavoro di Tomás Maldonado proponendo un’immagine coerente e polifonica di una ricerca fondata sulla convinzione di una forte tecnicità della dimensione intellettuale: il formarsi del sapere, il manifestarlo e il trasmetterlo, l’apprenderlo e l’insegnarlo sono il risultato di procedure, tecniche e tecnologie sottoposte a una continua rielaborazione e validazione. Non manca il ricordo della persona: Maldonado è un maestro della narrazione orale e di un’aneddotica fantasiosa e talvolta fulminante, un narratore che sente la propria vita come un’avventura e la vede come l’inanellarsi di un’infinità di incontri.
Giovanni Anceschi (Milano, 1939) nei primissimi anni ’60 è protagonista dell’Arte cinetica e programmata/ Nouvelles Tendences. Con Tomás Maldonado studia e si laurea alla scuola di Ulm (anni ’60). Partecipa al movimento internazionale della Poesia Concreta, Visiva e Totale. È designer, saggista e organizzatore di cultura della multimodalità, in Italia e all’estero. Libri: Monogrammi e figure, La casa Usher, Firenze 1988 e L’oggetto della raffigurazione, Etaslibri, Milano 1992. Ha insegnato discipline del design della comunicazione per 44 anni presso il DAMS di Bologna, il Politecnico di Milano e lo IUAV di Venezia. |
Mariangela Mianiti
Organsa 2020, pp. 270 Un romanzo su un piccolo paese della Bassa poco fuori Parma. Un romanzo sul dopoguerra, saldamente centrato fra gli anni Cinquanta e Sessanta, su un’Italia dove accanto alle spinte verso cambiamenti radicali sopravvivono sentimenti e gerarchie cupamente egocentriche e odiosamente oppressive. Sfruttatori e sfruttati convivono nella stessa famiglia e chi si sfianca di fatica guadagna una miseria pur essendo nella graduatoria della parentela figlia di quei genitori che sono gli sfruttatori. Lo sguardo che narra, e che impara via via a riconoscere e a misurare la qualità e la quantità delle emozioni e delle aspirazioni in gioco, è quello implacabile di una bambina fra i sei e i dodici anni che tutto annota e soprattutto controlla filtrando e passando al vaglio le prepotenze e gli assurdi cedimenti, che misura l’esattezza di quello che vede con l’esattezza di una dizione cristallina. Una dizione che sa rendere cristallino anche un dialetto ostico come il parmense e dintorni. La bambina è nell’ordine la terza generazione. Un’innocente va a frugare le profondità di un’avidità forse secolare, la scrittura che si vuole mantenere limpida mentre segna a dito la serie delle malvagità crea attese non prevedibili, e il noir aleggia sul romanzo come un incredibile interrogativo. Grande conferma dell’autenticità della visione infantile è l’episodio decisamente allarmane e che resta insoluto dell’abito color zabaione appeso alla corda nel cortile.
Nata a Parma, Mariangela Mianiti vive fra Milano e Locarno. Ex pianista, giornalista, scrittrice. Ha vinto i premi giornalistici “Cronista dell’anno” nel 2003 e “Maria Grazia Cutuli nel 2005. Per DeriveApprodi ha pubblicato Una notte da entraineuse. Lavori, consumi e affetti narrati da una reporter infiltrata (2005) e La vita Viagra (2010). Nel 2011 è uscito per Sonzogno il suo primo romanzo Anche il caviale stanca, commedia sociale dalle singolari coincidenze con la serie televisiva Un’altra vita, trasmessa su Raiuno nel 2014. Attualmente scrive per il quotidiano il manifesto su cui tiene la rubrica Habemus Corpus.
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